Le figure di Scanno e i suoi scorci riempiono la scena.
Scanno di se è già un presepe tutto l’anno poi, al calar della sera, quando si accendono le luci lo diventa ancor di più, e se ci si aggiunge un po’ di neve con sopra il cielo stellato, come spesso accade in questo periodo, il quadro è completo. Sarà per questo che in molti presepi, nelle chiese ma anche nelle case, si possono ammirare le costruzioni e interi quartieri in miniatura che rappresentano scorci e zone del centro storico, nonché diverse figure in abbigliamento locale.
In alcuni c’è perfino la riproduzione della chiesetta del lago con l’immancabile pescatore intento a gettare l’amo nell’acqua. I “pezzi” poi che ritraggono le donne in costume tradizionale scannese, impegnate nei vari antichi mestieri, sono veramente delle riproduzioni artistiche di valore; seppur di produzione nostrana, non sono certo da meno di quelle realizzate dai più famosi artisti napoletani. Alcune chine al lavaggio della lana nei pressi di un ruscello, altre con la “fazzatora” in testa e le “cacchiate” di pane ben disposte al millimetro e altre intente ad “ammassare” la pasta da cuocere nel “cuttore”. Il fuoco, lento, prodotto da un sistema elettrico con un gioco di luci, attira l’attenzione al muoversi della fiamma e, come tutti gli altri movimenti elettromeccanici che rendono “vive” le altre tante figure presenti sulla scena, ci sorprende non poco il solo pensiero di quanto lavoro e passione ci vuole per giungere a tale risultato. E’ veramente impressionante cosa si riesce a fare adesso con i nuovi mezzi tecnologici: animali che camminano, stelle che splendono a intermittenza e musica natalizia che parte quando ci si avvicina alla balaustra che cinge il presepe, per finire con il bambinello che si muove dolcemente nella sua culla fatta di paglia.
La raffigurazione della natività ha origini antiche: i cristiani dipingevano e scolpivano le scene della nascita di Gesù nei luoghi d’incontro, come le Catacombe romane. Quando il Cristianesimo uscì dalla clandestinità, le immagini della natività cominciarono ad arricchire le pareti delle prime chiese; mentre nel 1200 s’iniziarono a vedere le prime statue.
La scena della natività fu ricostruita per la prima volta nel 1223 da San Francesco d’Assisi, ritenuto il “fondatore” del presepe. L’idea era venuta al Santo durante il Natale dell’anno prima a Betlemme. Francesco rimase particolarmente colpito tanto che, tornato in Italia, chiese a Papa Onorio III di poter ripetere le celebrazioni per il Natale successivo. A quei tempi le rappresentazioni sacre non potevano tenersi in chiesa. Il Papa così gli permise di celebrare una messa all’aperto a Greccio, in Umbria.
La parola “presepe” deriva dal latino praesaepe che significa “mangiatoia”. Ne troviamo testimonianza nei Vangeli di Luca e Matteo, dove si racconta la nascita di Gesù, avvenuta ai tempi di re Erode a Betlemme, qui Maria e Giuseppe giunsero per il censimento indetto da Roma e, non riuscendo a trovare alloggio in nessuna locanda, si ripararono in una stalla.
Nel nostro borgo è ormai usanza fare il giro dei presepi a cominciare da quello più grande della parrocchia in piazza nuova, per proseguire con la visita alla Madonna del Carmine, alla chiesa di Costantinopoli in piazza vecchia e a Sant’Antonio. Per diversi anni si è avuta anche l’occasione di ammirarlo come “presepe vivente” grazie alle Acli. E’ doveroso dare merito a quanti si adoperano all’allestimento di queste vere opere d’arte; per scenografia e immaginazione. Al cospetto del presepe sono soprattutto i bambini, meravigliati e sorpresi, a dimostrarci quanta importanza assume una rappresentazione del genere nei confronti del più “moderno” albero di Natale; ed è il solo soffermarsi a guardare le loro facce che ci fa tornare bambini un po’ tutti.
Pelino Quaglione