In questi giorni TV, giornali e social sono quasi unicamente focalizzati sulla guerra in Ucraina: dirette, fotografie, servizi speciali mostrano ogni aspetto di una tragedia inattesa, vicina anche nello spazio. Cresce l’angoscia. Crescono le preoccupazioni per il futuro prossimo. Cresce la paura per le possibili conseguenze di un’estensione della guerra ai Paesi della NATO.
Come raccontare la guerra ai più giovani? È giusto renderli partecipi delle ansie dei più grandi dopo due anni di pressione emergenziale?
Non bisogna sottovalutare la capacità dei più piccoli di percepire il pericolo e avvertire le tensioni. Ugualmente non bisogna sottovalutare la loro capacità di ascolto e comprensione. Psicologi e pedagoghi sostengono che sia necessario condividere con i bambini la verità sulle questioni familiari più delicate, come lutti o separazioni. Lo stesso dovrebbe essere per eventi drammatici che riguardano la comunità. La censura è reputata la scelta più sbagliata, perché le informazioni giungono in ogni caso ed è facile ricercarle. Affidare alla loro iniziativa la raccolta di notizie vuol dire lasciarli in balia di fonti talora inadeguate, senza filtro e senza mediazione. Non esiste controllo sufficiente a salvaguardare da immagini violente o inappropriate. È quindi necessario saper affrontare la questione e mettere l’argomento in condivisione.
Occorre anzitutto lasciare il giusto spazio alle emozioni, che possono essere anche molto forti quando si tocca un tema come la guerra. Inoltre l’Italia conta una numerosa comunità Ucraina e Moldava ed è possibile che i bambini entrino in contatto con persone direttamente toccate dalle vicende belliche. Non serve tanto spiegare ‘cosa’ sia una guerra o ‘perché’ sia iniziata, quanto rendere comprensibile e accettabile tutto quello che ne consegue: uomini e donne costretti ad andare al fronte per combattere, famiglie che abbandonano le proprie case, le proprie abitudini, la propria vita, città devastate e distrutte. In letteratura si suggerisce di iniziare dalle domande che i bambini vogliono fare, dai loro dubbi e, soprattutto, dalle loro paure: partendo da queste basi sarà possibile orientare il dialogo verso ciò che per loro è davvero importante conoscere. Indubbiamente, sarà necessario tenere presente l’età.
In sintesi, tra i consigli utili: limitare e gestire l’accesso alle fonti; evitare allarmismi o affermazioni forti; non forzare l’interesse dei bambini se ci appaiono non interessati; restare calmi e trasmettere serenità; in base all’età, raccontare il perché della guerra; evitare pericolosi stereotipi; alimentare il senso di pietà e la compassione; valutare l’opportunità di chiedere il sostegno di uno psicologo.
Sarebbe molto utile anche:
– che i media evitassero di diffondere, almeno durante la fascia protetta, immagini di violenza, di distruzione o di atrocità secondo il principio per il quale è possibile informare senza terrorizzare;
– rafforzare la presenza di psicologi e di professionisti sul territorio, in modo da fornire adeguato sostegno a giovani e adulti che abbiano difficoltà a gestire questa situazione di paura ed angoscia;
– organizzare incontri per i genitori presso le scuole, per aiutarli ad affrontare nel migliore dei modi le domande dei propri figli e sostenerli nell’attuale situazione di crisi.
Fonte: Meritocrazia Italia