Il medico condotto, sapeva fare tutto ed era reperibile 24 ore su 24, una vera e propria figura di riferimento per l’intera comunità. Negli anni, il medico condotto ha cambiato la sua immagine e le condizioni lavorative, grazie anche al supporto della guardia medica. Oggi è conosciuto come medico di base o di famiglia, un professionista importante per i cittadini che, secondo i recenti dati diffusi dalla Federazione Medici di Medicina Generale (Fimmg), tra qualche anno, rischia l’estinzione.
Nel 2023, per effetto dei pensionamenti, cesseranno di lavorare 45mila medici, di cui 30mila ospedalieri e circa 15.000 medici di famiglia, per i quali non corrisponderanno altrettante nuove assunzioni. Il problema maggiore è che alle uscite non sono previste altrettante, o quanto meno adeguate, entrate: per i medici di base, infatti, le borse per il corso di formazione in medicina generale messe a disposizione sono oggi circa 1.100 l’anno e se il numero rimarrà costante, secondo l’analisi della Fimmg, ad essere rimpiazzati, al 2028, saranno non più di 11mila medici, mantenendo un saldo in negativo a quella data di oltre 22mila unità. L’anno in cui si registrerà il picco delle uscite, è il 2022 che vedrà andare in pensione 3.902 medici di famiglia. Sicilia, Lombardia, Campania e Lazio saranno le regioni che registreranno, sia nel breve che nel lungo periodo, le maggiori sofferenze, con conseguenze soprattutto per i cittadini che si ritroveranno senza lo storico punto di riferimento per la tutela della salute. Nei prossimi 5-8 anni i pensionamenti priveranno 14 milioni di italiani della figura del medico di famiglia. Viste le premesse, per il prossimo futuro l’Italia sembra essere destinata a diventare un Paese senza dottori. Come si è arrivati a questa situazione critica? E si può fare qualcosa per salvare il salvabile?
Stiamo parlando di futuro ma, a esser onesti e ragionando in termini di programmazione, il problema è già presente. Il rischio dell’estinzione della categoria è elevato, perché purtroppo oggi investire sul rapporto medico-paziente è diventato una seconda o terza scelta. Il problema è che tra qualche anno mancheranno 15 mila medici di famiglia e non è stato formato un numero sufficiente per far fronte al ricambio generazionale. Le cause che hanno portato a questa situazione sono state denunciate dalla Federazione di medicina generale da ormai troppi anni ed oggi siamo arrivati alla resa dei conti. Negli anni, la formazione è rimasta invariata. Prima del 1991 bastava laurearsi in medicina per diventare medico di famiglia, con la nuova normativa europea – l’Italia si è adeguata solo nel 1994 – è stato introdotto un corso di formazione prima biennale e poi triennale e questo ha portato alla necessità mancata di programmazione nella medicina generale. Oggi c’è bisogno di una politica formativa indirizzata verso la medicina di famiglia, perché l’università italiana non prepara i laureandi, i quali scoprono la medicina di base solo quando sono già laureati. Sotto l’occhio del ciclone c’è sia la formazione che la remunerazione. L’Università italiana già imposta la formazione per fare gli specialisti e non i medici di famiglia. Per poter fare il medico di medicina generale, è necessario partecipare ed essere resi idonei in corsi gestiti dalle Regioni: durano tre anni e offrono ai medici selezionati borse di studio di 800 euro al mese. Le scuole di specializzazione delle Università, che danno il titolo necessario per lavorare negli ospedali, durano 4-5 anni, e garantiscono una remunerazione mensile di circa 1600 euro. È quindi assai più probabile che il giovane laureato preferisca partecipare alle selezioni nazionali per l’ammissione alle scuole di specializzazione che ai concorsi regionali per diventare medico di medicina generale. Per poter continuare a garantire ai cittadini italiani il diritto di essere curati tutti nello stesso modo devono essere garantiti investimenti economici sul numero e sulla qualità della formazione dei medici di medicina generale, sul personale sanitario e amministrativo nei nostri studi e sulle tecnologie.
Subordinare la medicina di base al sistema gerarchico degli ospedali è stato un fallimento, è necessario invece fornire al medico di famiglia tutti quegli strumenti in grado di coordinarsi con il personale infermieristico e le farmacie territoriali sia in termini di prevenzione che di cure.
Il medico condotto rappresentava una figura di riferimento per i cittadini come lo è oggi il medico di famiglia. Quando c’è il pericolo di perdere qualcosa allora ci si rende conto del suo vero valore, è arrivato il momento che la politica nazionale e regionale ne prenda atto. È necessario un forte rilancio della medicina di base, ma non solo in termini di aumento di borse di studio, ma anche di un’organizzazione medica più efficiente.
Fonte: Federazione Medici di Medicina Generale (Fimmg)