Pastori si nasce

Quando i nostri genitori ci ripetevano un giorno sì e l’altro pure di studiare e studiare poiché era importantissimo per il futuro, la maggior parte di noi ragazzi faceva orecchie da mercante limitandosi a fare appena, appena qualche compito per evitare le bacchettate sulle mani la mattina dopo a scuola. In prima istanza questo ci sembrava più un invito che un atto intimidatorio, ma poi con i primi brutti risultati per una pagella andata male, tutto si faceva più difficile e le punizioni erano molto pesanti, tanto da rimanere segregati in casa per periodi molto lunghi. Così l’unica cosa da fare era di rifugiarsi presso i nostri nonni, i quali non vedevano l’ora di essere interpellati specialmente su ciò che avevano fatto loro da giovani. Alla seguente domanda: nonno, ma tu hai studiato? Dove?…per tutta risposta:…ma all’università, non lo sapevi? Siamo tutti laureati in “pastorizia” all’università di Bugnara. Questa affermazione, buttata lì con tono deciso, lasciava trasparire un senso d’orgoglio con una punta di sana ironia che racchiudeva in se un mondo tutto da scoprire, allora incomprensibile. Una gioventù probabilmente difficile raccontata con quella schietta saggezza tipica di una persona anziana che probabilmente ne ha passate di tutti i colori e che poi, con grandi difficoltà, fortunatamente ce l’ha fatta; felice, finalmente, di godersi un po’ di riposo insieme ai propri nipoti.

Alla fine degli anni ’50, dopo aver superato lo shock dell’ultima guerra mondiale, i nostri padri avevano solo due strade: o andare a lavorare all’estero o andare con le pecore per seguire, a loro volta, le orme dei propri avi. In effetti solo pochi eletti, di famiglie facoltose, avevano la possibilità di studiare. Qualcuno era riuscito al massimo a conseguire la sesta elementare, e non era poco. In seguito con l’arrivo della televisione, grazie anche a uno specifico programma dal titolo: “Non è mai troppo tardi” del maestro Manzi, il grado d’istruzione generale migliorò in modo sostanziale, di conseguenza anche il modo di comportarsi.

 “Voi siete fortunati, ci ribadivano i nostri nonni: voi che avete la possibilità, sfruttatela. La vita è piena d’imprevisti e bisogna essere preparati. La cultura è tutto, altrimenti si finisce come noi a pascere le pecore o a zappare la terra”. Parole sante dette con calma, quasi sottovoce, frutto di una vita errante da transumanti, vissuta con tanti sacrifici. “Quale genitore non vorrebbe il bene dei propri figli? I consigli vanno ascoltati principalmente in senso di rispetto e comunque, impegnarsi per accrescere il proprio grado culturale, non poteva che fare bene al fine di poter stare in modo appropriato in mezzo agli altri”.

Il mestiere di accudire le greggi era sicuramente un’attività molto dura, come testimoniavano i nostri nonni, ma anche affascinante sempre in contatto con la natura. Un mestiere che metteva a dura prova chicchessia giorno dopo giorno; quasi sempre in alta montagna alla ricerca di erba fresca, esposti a tutte le intemperie, lontani da casa e dagli affetti lungo il tratturo verso le Puglie con nelle bisacce: poco pane, carne secca, un tocco di formaggio, un po’ d’acqua e per dormire un modesto pagliericcio. Le giornate passavano lentamente in compagnia dei cani sempre pronti a eseguire gli ordini, abbaiando a più non posso sul belare continuo delle pecore. Ai giovani pastori non era permesso di intromettersi nei discorsi degli adulti e dovevano solo ascoltare. Era risaputo comunque che pensassero ad altro e cioè di poter cambiare al più presto lavoro ed andarsene via il più lontano possibile. Molti allora si improvvisarono muratori e minatori, chi artigiani, orafi, alcuni negozianti alle prime armi e molti altri espatriarono per mantenere le proprie famiglie. E il succo della questione era tutto qui in queste scelte obbligate che hanno costretto la nostra gente a lavorare sodo per accumulare risparmi. Di conseguenza, grazie a loro ed anche al boom economico, Scanno man mano cambiò totalmente soprattutto in campo edilizio con altre strutture e nuovi alberghi, aprendosi così definitivamente al turismo che in seguito modificherà di molto la nostra vita.

Noi che, per esempio, pensavamo che i pastori fossero quelli del presepe o quelli che se la spassavano tutto il giorno all’aria aperta. A prescindere, altro che “laureati”, quella era gente di grande valore. Gente forte, pronta a ripartire puntualmente dopo la festa del Santo Patrono, mentre il primo ottobre era ormai vicino per il ritorno a scuola.

Io ed altri miei compagni passammo tutta l’estate ad imparare a fischiare come i pecorai. Ci siamo, come dire, sfiatati di continuo e a lungo, senza riuscirci.

Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù”(1959-1979) di Pelino Quaglione

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