La stanza sopra l’ingresso del suo Bio agriturismo Valle Scannese è ormai vuota; desolatamente vuota, tanto da emanare incredulità e tristezza. Gregorio se l’era scelta per passarvi le notti e poi per gli ultimi giorni di vita, un po’ come facevano i vecchi capi indiani che, vicini al trapasso, si isolavano sopra un monte o una collina. Ma Gregorio non è stato mai lasciato solo, assistito dai suoi cari, tra cui gli amici che gli sono rimasti sempre accanto fino all’ultimo.
Sin da ragazzo aveva già deciso di seguire le orme di nonno Mario e di papà Luigi. Da giovane, quindi, preferì sposare la sua amata terra, popolandola di ovini, caprini e bovini da cui ne traeva le sue “creature”: prodotti caseari vari, formaggi eccezionali, unici e di alta qualità, una vera goduria per il palato, molto conosciuti e apprezzati anche all’estero.
Quella stanza, ultimamente, gli era diventata angusta e particolarmente stretta, abituato com’era a stare all’aria aperta con il suo gregge e i suoi cani pastore, o costantemente in giro per l’Italia e anche oltre confine a tenere alto il nome di Scanno. Meglio, comunque, di una stanza d’ospedale dove non ci voleva proprio stare, cosciente di ciò che aveva ma convinto di potercela fare ad averla vinta su quel maledetto male, affrontato con grande coraggio e determinazione, la stessa che ha sempre messo nel suo lavoro, nelle fiere e anche nei mercati. Quando vi partecipava, infatti, era praticamente impossibile non notare la sua presenza.
E non era un fatto di stazza fisica che lo faceva somigliare a un “gigante”, era la sua professionalità, genialità e simpatia a renderlo tale, con un particolare non trascurabile rappresentato dal suo immancabile zuccotto di lana di color rosso o arancione sbiadito, da cui non si separava per niente al mondo.
Col tempo si era fatto, come si dice, un “nome”. Era molto conosciuto al pari del suo grande amico Nunzio Marcelli con il quale si è sempre battuto per difendere, tra tante difficoltà, il loro modo di intendere la pastorizia: duro lavoro e grandi sacrifici. Non per niente sono considerati, entrambi, gli ambasciatori del nostro Abruzzo; quello autentico, forte e gentile.
Chi ha avuto la possibilità di ascoltare Gregorio, in occasione della consegna, tra i tanti, di un premio, ha senza dubbio potuto constatare quanto era particolare il suo modo di esprimersi: pacato e schietto con qualche uscita in dialetto da fare tanta tenerezza.
Parlare ora di Gregorio al passato non ci sembra vero. Non avremmo mai voluto farlo e illudiamoci di non averlo mai fatto, certi di poterlo rincontrare appoggiato al suo bastone da pecoraio, seduto davanti al suo storico negozio a centro paese. Nel medesimo istante che sua sorella Maria Rosaria, il nipote Dino e tutta la sua famiglia, sono lì a le Prata impegnati a portare avanti l’attività secondo i suoi insegnamenti.
La Foce è vicina a tutti loro e al caro zio don Carmelo.