Pagine di gioventù: L’arte di arrangiarsi

Sul finire degli anni ’50 poco o niente avrebbe smosso la curiosità di noi bambini di 5/6 anni, se non l’interesse per qualche nuovo gioco. Se si escludono le solite corse con il cerchio, le battaglie con le spade di legno, lo “stupparuolo” e le giocate a tappo, non rimanevano che le interminabili partite a pallone (a 20 si cambia campo) con il risultato sempre incerto. In quei giorni girava in paese la notizia che la Sezione dei Combattenti e Reduci, sita in un locale sotto l’orologio della Madonna delle Grazie, si sarebbe attivata per l’ acquisto di un televisore. Sì! La televisione, quella in bianco e nero, che oltre a far sentire faceva anche vedere le persone, i paesaggi, gli incontri di calcio della Nazionale, i primi cartoni animati e tanto altro.

Ognuno di noi fremeva nell’attesa di poter assistere ad un tale evento e di poter godere di cotanta novità. Questo apparecchio, comunque in commercio dal 1955/56 dopo un periodo di sperimentazione, aveva fatto già la sua bella comparsa in qualche locale pubblico nelle grandi città. Finalmente quindi la TV sarebbe arrivata anche da noi, grazie soprattutto a un ripetitore di segnale installato in quel di Frattura (questo era quello che avevamo sentito dire anche se non sapevamo affatto cosa fosse). Ma ci andava bene così. Non avevamo calcolato, però, che per vedere i programmi televisivi bisognava mettersi davanti alla TV e possibilmente vicini. Più in là, inoltre, avendo scoperto che c’era la TV dei ragazzi, la nostra presenza presso la Sezione diventò costante e puntuale ma purtroppo c’era permessa la visione solo dietro il vetro della porta d’ingresso, a turno e a sprazzi in quando, quegli stessi vetri, puntualmente si appannavano per il nostro alito o per la differenza di temperatura tra dentro e fuori. Di conseguenza erano continui i nostri appelli per far sì che qualcuno provvedesse a ripulirli.

Ben presto questo andirivieni ebbe fine poiché il televisore arrivò anche nei bar dove ci si poteva soffermare giusto il tempo di un leccalecca, da consumare con la massima lentezza fino al termine del cartone più in voga del momento: i paperi “Robby e 14”, figli di una gallina meccanica chiamata Trick Track. Robby era un pulcino normale, buono, bravo ed educato; 14 invece era un robot capitato per caso nel pollaio, scavezzacollo e continuamente affamato, di fatto abbastanza somigliante ad ognuno di noi. Il persistere dietro i ventri non era sempre ed esclusivamente per la TV, le nostre iniziative puntavano a spiare soprattutto gli adulti nelle cantine: tappa fissa a “Squarcione”, a Carluccio e al Grottino con la speranza di rimediare qualcosa di buono da mangiare e non il solito pane e strutto. Così, con la faccia spiaccicata sul vetro, si cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione dei nostri nonni avvolti da un’ intensa nube di fumo, impegnati nel gioco delle carte. Spesso ci andava male. La soluzione? Semplice: bisognava di continuo cambiare cantina o negozio.

Gli altri punti strategici erano i forni di Federico e Scardella da presidiare con accortezza in attesa dell’uscita delle nostre mamme con le “fazzatore” sulla testa piene di pane e pizze fatte in casa, appena sfornate. L’abilità stava nel far credere di essere passati lì per caso; di andare a giocare un po’ dopo aver fatto i compiti e poi in chiesa. Sufficientemente persuasivi si rimediava, poco, ma si rimediava. A tal proposito, per farsi dare qualche mancetta, eravamo costantemente disponibili a portare le valigie di quei sporadici forestieri di passaggio. In caso negativo, non potendo comprare né biscotti e né caramelle (cinque al costo di una monetina da 5 lire, quella con il pesce), si andava per mele ed erbe selvatiche commestibili (necciuole e seuze) sui colli circostanti, facendo ben attenzione a non farsi beccare da Cherubino, di professione guardiano, altrimenti erano guai.

In quei tempi, non facili, con i nostri padri all’estero o lontani da casa: artigiani e pastori, non c’era molto da essere allegri nonostante la nostra bella e giovane età. C’ era però aria di cambiamento e si sentiva parlare spesso di progresso, termine a noi sconosciuto e molto poco significativo; così troppo impegnati a crescere e a vivere alla giornata.

Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959 – 1979) di Pelino Quaglione

Lascia un commento

error: Alert: Il contenuto è protetto!