Mentre di domenica al bar di Richetta e di Erminio gli adulti si intrattenevano in interminabili “passatelle” a base di birra, vino rosso e fave lesse, su piccoli televisori in bianco e nero scorrevano le prime immagini sfocate delle partite di calcio del campionato di serie A del ’65, appena iniziato. Per noi ragazzi il gioco del calcio era di sicuro il massimo ma anche i pacchetti di patatine e di noccioline appesi al bancone non erano da meno, tant’è che eravamo sempre alla ricerca di qualche nostro parente da salutare con affetto affinché ci comprasse qualcosa.
L’autunno stava colorando tutto il paese e le ultime giornate di sole concedevano ancora gradevoli passeggiate. In attesa della neve e delle glorie di San Martino, a noi ragazzi non rimaneva che giocare a palline, a tappo e con il cerchio, nonché al baratto delle nuove figurine Panini dei calciatori ed anche di quelle di James Bond, agente segreto 007 in Missione Goldfinger. Le attività di scambio aumentavano man mano che si andava avanti con la raccolta ma, causa i numerosi doppioni, non era affatto semplice completare i rispettivi album così che, ogni tanto, pensavamo bene anche di mettere qualche soldino da parte… per le caramelle, ovviamente!
A scuola durante la ricreazione e al termine delle lezioni si formavano diversi capannelli per lo scambio delle figurine; spesso venivamo sgridati sia dagli insegnanti che dai nostri genitori in quanto si arrivava sempre in ritardo. Le trattative erano abbastanza intense da non cessare nemmeno durante la celebrazione della messa e ci si dimenticava anche di andare al catechismo. L’anno precedente, tale Pier Luigi Pizzaballa, portiere dell’Atalanta, fece impazzire un po’ tutti poiché era introvabile, stessa cosa per Amarildo, attaccante del Milan nell’edizione ‘65/66 che, essendo molto raro, da solo valeva almeno una trentina di figurine. Come premio finale per chi riuscisse a “finire” l’album c’era un bel pallone di cuoio, un regalo molto ambito seppur in ognuno di noi, quasi sempre, prevalesse il desiderio di pescare dalle bustine quei giocatori famosi della squadra del cuore o anche la figurina con l’intera formazione da attaccare sul diario. E si andava in giro “che le cauze calate” con le tasche piene zeppe di biglie e gli immancabili pacchetti di figurine. Inoltre quei doppioni troppo ricorrenti che difficilmente erano scambiabili non venivano mai buttati, anzi li ritrovavamo spesso attaccati sui discendenti delle grondaie, sui portoni e anche sui vetri delle finestre.
Questo chiamiamolo pure “gioco” di raccolta, collezione, scambi e trattative varie era già iniziato qualche anno prima nel 1960 ed era diventato quasi una moda nazionale, una vera fissazione che di fatto modificò di molto il nostro modo di giocare, fatta eccezione per le partite di pallone all’Edificio: incontri indimenticabili tra la IV classe e la V ad imitare proprio quei giocatori che vedevamo in fotografia con l’obiettivo, chissà un giorno, di far parte come loro di una squadra famosa e importante. Le giocate di Rivera dai cross calibrati al millimetro, il dribling di Sandro Mazzola, le finte e contro finte di Sivori e le cannonate di Riva, accendevano tutte le nostre fantasie così come la figurina della donna nuda verniciata d’oro di 007. Ma null’altro in quel momento ci interessava di più se non quello di completare il nostro personale catalogo, quando invece le ragazze continuavano a saltellare con la corda o a leggere i fotoromanzi.
Le montagne intorno a Scanno mutavano di colore continuamente: dal giallo ocra al marrone e le foglie miste a castagne avevano riempito i viali ed il piazzale della scuola. Anche l’attesa della prima neve stava per terminare e le vacanze natalizie erano ormai alle porte. Con il cosiddetto “ce-lò, ce-lò…mi manca”. Dunque, trascorremmo quasi tutto il periodo autunnale, spendendo 50 lire per l’album e 10 a bustina, fin quando, a Natale, le ultime speranze di trovare quelle figurine introvabili, vennero sostituite dal desiderio di altri regali. Molti pensavano a un pallone nuovo, altri alla maglietta a strisce della propria squadra, le ragazze a un mangiadischi e chi ad un bel paio di scarpette con i tacchetti, ma c’erano altri che come me avevano in testa una cosa sola, magari un miracolo, e cioè quell’unica figurina che mancava.