Una delle tante storie che ci raccontavano da piccoli parlava di un viandante che molti anni prima, risalendo la valle del Sagittario, si ritrovò a vivere una di quelle inaspettate grandi emozioni che mai avrebbe immaginato. Abituati a fantasticare con le favole di Pinocchio, Cappuccetto Rosso, ecc. non ci sembrava vero di poter ascoltare; chi a bocca aperta, chi con le dita al naso, la strana vicenda capitata a un forestiero in visita proprio qui nel nostro paese.
Era una bella giornata di sole, una di quelle da sogno dipinta di soli due colori: il blu intenso del cielo ed il bianco accecante della neve. Partito di primo mattino da Anversa degli Abruzzi a dorso del suo asino, si prefisse di arrivare a Scanno intorno a mezzogiorno per vendere le sue mercanzie e soprattutto farina di frumento. Alcuni abitanti del posto lo avevano informato che la strada era lunga, irta e piena di pericoli con possibili distacchi di slavine. L’inverno, eccezionalmente rigido, aveva creato già parecchi problemi bloccando diverse strade, isolando interi paesi con l’ urgente necessità di rifornimenti di cibo e altro. In merito, pensò che sicuramente avrebbe fatto buoni affari.
La bellezza della Valle contribuì ad allontanare qualsiasi altro pensiero su possibili ulteriori calamità. E le orme degli animali che l’abitavano gli furono di grande utilità, quasi ad indicargli il cammino. Non conosceva affatto il posto e, alla fine della salita, si ritrovò davanti ad un immenso, quanto inaspettato territorio pianeggiante sprovvisto di alberi, cespugli, pietre o massi…insomma completamente privo di vegetazione o ulteriori ostacoli di altra natura. Non gli sembrò vero e senza alcuna esitazione continuò il suo viaggio alquanto sollevato e a passo veloce, immerso in un paesaggio spettacolare mai visto. Tutte le paure, anche di incontrare soprattutto i lupi, quelli non mancavano mai, erano alle spalle, seppur qualche ululato, qua e là, riusciva a rompere quel silenzio surreale mai percepito. Arrivato nella piazzetta di Scanno, stracolma di neve, fu subito circondato dagli uomini del paese ai quali, dopo aver raccontato del suo avventuroso viaggio e dopo aver celebrato le immense bellezze del posto, si soffermò principalmente sul come fossero fortunati ad avere una pianura così vasta e così comoda da attraversare.
Gli astanti, interdetti, si stupirono non poco e guardandosi in faccia si scambiarono qualche sorrisetto a mezza bocca, tanto da far sprofondare il nostro viandante nell’imbarazzo più completo. Non riusciva infatti a capacitarsi perché quella gente si comportasse in quel modo. Pensò che forse aveva detto qualche stupidaggine o qualcosa di offensivo. Non sapeva che fare; se restare o alzare di nuovo i tacchi. Ma il tutto fu chiarito in un attimo quando gli fu riferito che la tanta decantata pianura non era altro che un lago e per sua fortuna ghiacciato. L’inaspettata notizia, data così quasi senza pensarci, gli avrebbe potuto far prendere un colpo, ma sembra che la consapevolezza dello scampato pericolo lo abbia convinto quasi completamente, accompagnata da più di una rassicurante pacca sulle spalle. Nel tempo qualcuno ha riferito il contrario e cioè che finì male.
E c’era una morale in tutto questo? Sicuramente sì, l’accaduto voleva farci capire che è sempre meglio informarsi bene prima di agire, di fare particolare attenzione dove mettere i piedi e che doveva servirci da lezione. In ogni caso, ci piaceva credere che solo la prima eventualità corrispondesse al vero, salvo smentite, e che il nostro amico abbia trascorso una gran bella giornata e magari di aver venduto tutto quello che aveva da vendere.
Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959-1979) di Pelino Quaglione