La tradizionale festa di Sant’Antonio Abate o Barone finalmente quest’anno, il 16 e 17 gennaio, si è svolta regolarmente rispettando i consueti appuntamenti con il rito delle “sagne”, dopo essere stata sospesa per due anni consecutivi, causa virus. Infatti, all’imbrunire del 16 gennaio, dopo la celebrazione della messa, nella piazzetta antistante la chiesa è stato acceso un grande falò “purificatore” e a tutti i convenuti sono stati offerti i gustosi panini con la porchetta confezionati dalla famiglia Maiorano, molto devota al Santo.
La mattina del 17, dopo aver sistemato il grande caldaio, cotte “le sagne” preparate da Maurizio Berardi e condite con la gustosa ricotta salata offerta dalla famiglia Rotolo/Silla, c’è stata la distribuzione a tutti i convenuti. Famiglia che a nome del caro Gregorio, purtroppo scomparso l’anno scorso insieme all’indimenticato don Carmelo, entrambi molto legati a questa tradizione, si adopera a darne continuità in ricordo di chi l’ha sostenuta, resa viva e solenne per tantissimi anni. Va dato merito anche ai tanti volontari che si sono dati da fare nonostante il cattivo tempo.
Si tratta di una delle feste più apprezzate dalle comunità agricole, infatti, viene celebrata anche in altri numerosi paesi del circondario per augurare buoni raccolti ai contadini. Sant’Antonio Abate è patrono dei vigili del fuoco e dei fornai, ma anche dei macellai, dei salumieri, degli animali domestici e del bestiame. La sua figura è così profondamente legata alla protezione degli animali domestici che di solito è raffigurata con accanto un maialino che reca al collo una campanella.
Foto: Angelo Fusco e Ascanio Di Franco
Le origini
Sant’Antonio Abate nella storia è ricordato tra i fondatori del monachesimo orientale perciò chiamato “padre dei monaci”. Dopo la morte dei genitori distribuì i propri averi e nel 270 si ritirò nel deserto della Tebaide dove cominciò una vita all’insegna della penitenza. In quel luogo lo raggiunsero numerosi discepoli dando vita ad una comunità anacoretica in Egitto. Sostenne i martiri nella persecuzione di Diocleziano e si adoperò nella lotta contro l’Eresia Ariana. Fu Sant’Attanasio che scriverà la biografia del Santo che morì vecchissimo presso Afroditopoli nel 356.
La leggenda “de lo beatissimo egregio Missere il barone Sancto Antonio” è uno dei più interessanti documenti dell’antica poesia volgare abruzzese. Opere di un chierico che dovette diffonderla, come mostrano chiare tracce di tradizione orale in tutta l’area aquilana. Il componimento è giunto a noi nel Codice Casanatense nel 1808. Databile ai primi anni del Trecento la leggenda è entrata nel repertorio dei poeti di occasione, specie quelli appartenenti al mondo pastorale improntando moltissime orazioni in uso delle compagnie di questua che, in occasione della festa di Sant’Antonio, attraversavano l’intero Abruzzo. A Scanno, che fu tra i più fiorenti centri dell’economia armentizia, il ricordo di questo antico componimento è ancora molto vivo che Sant’Antonio, chiamato altrove Abate o di Gennaio, è detto Barone, anche allo scopo di distinguerlo dal Santo di Giugno, detto il giglio.
La mattina del 17 Gennaio, un tempo di buon’ora, la famiglia Di Rienzo che possedeva la maggior parte delle greggi svernanti in Puglia, faceva disporre all’esterno della propria casa, uno o più caldai di rame ricolmi di fumanti “sagne” con la ricotta. I devoti dopo aver ascoltato la messa nella vicina chiesa di Sant’Antonio Abate, si avviavano con il prete in testa al corteo verso casa Di Rienzo. Qui, dopo il rito della benedizione del cibo, con una speciale formula che richiama l’incipit del cantare medievale, ognuno si serviva di un mestolo di minestra che consumava per devozione. Di norma, oggi, il rito della minestra viene ripetuto e organizzato da associazioni e privati del paese di Scanno. La cerimonia, anche per lo scenario in cui si svolge, è molto suggestiva e dà avvio al lungo periodo del Carnevale.