Le filatrici scannesi

A Scanno la filatura della lana ha sempre costituito un tratto distintivo delle attività artigianali femminili. In Abruzzo, il periodo tecnicamente e meccanicamente più florido relativo all’attività laniera si ebbe dal 1500 in poi. (Cfr., Italo Vincenzo Merlino, Taranta Peligna, Antico Paese Attivo, Pescara, Edizioni Asti, 1973). Gli opifici addetti alla filatura, alla tessitura e alla tintura dei filati si moltiplicarono dopo l’espandersi della civiltà industriale. Taranta, Sulmona, L’Aquila, Pescocostanzo e Scanno furono, in Abruzzo, i centri più attivi. Ma, prima dell’affermarsi della tecnologia avanzata, da sempre le mogli dei pastori e le casalinghe filavano la lana a mano, la lavoravano ai ferri o la tessevano in casa, con rudimentali telai di legno.

Il filo di lana che usciva dalle mani delle filatrici di Scanno era uniforme. La torcitura non presentava imperfezioni o noduli. I fiocchi di lana grezza, preventivamente cardati, erano stati trasformati in filato compatto e idoneo alle lavorazioni a mano. Prima dell’invenzione delle tecniche relative alla tintura, colorazione fissata con l’orina di gatto (Cfr. Michele Torcia, Saggio itinerario nazionale del paese dei peligni, Napoli, Senza editore, 1793), si filavano lane di colore naturale: bianco avorio e marrone chiaro e scuro. In Abruzzo, tra le produzioni più famose dell’artigianato femminile vi è oltre al ricamo e al merletto a fuselli, la filatura e la tessitura, comparti che hanno sempre costituito il meglio delle attività dell’artigianato di Scanno. Per la filatura e per la tessitura, (Cfr.,Cesare De Berardinis, Ma-tru, opera in quattro volumi, Amatrice, Scuola Tip., 1932); per le tecniche relative alla tintura, basata su colori vegetali, che conferivano ai filati tonalità morbide (Cfr., Giorgio Morelli, L’antica arte della tintoria in Abruzzo, in Attraverso l’Abruzzo, Pescara,  A. VII, N° 6-7,1959).

Come ha scritto Marco Notarmuzi, studioso di tradizioni popolari scannesi, “L’arte di lavorare la lana, che di vera arte si trattava, era a Scanno, antichissima e di esclusiva pertinenza delle donne. Si esercitava nei periodi in cui le pecore svernavano nel Tavoliere Pugliese e ogni casa si trasformava in un autentico lanificio. I telai, i mangani, le conocchie, i fusi, gli asponi… e tutti gli altri attrezzi necessari per la orditura, la tessitura e la tintura delle stoffe, entravano in funzione con una meticolosità ed abilità tali da rendere le ruote di panno di Scanno rinomate in tutto il regno di Napoli” (Cfr., Marco Notarmuzi, Eustacchio e Tecanera ovvero le tradizioni popolari di Scanno, Edizioni Deltagrafica,1993).

L’arte di filare, tingere e tessere la lana a Scanno e non solo a Scanno può essere considerata patrimonio della creatività collettiva. Il suo livello è ricordato da diversi studiosi, per la sua meticolosa elaborazione tecnica. I filati e, conseguentemente i tessuti fatti in casa a Scanno erano di buon livello esecutivo e consentivano lavori sartoriali di pregio. I capi d’abbigliamento derivati dai tessuti casalinghi di Scanno erano cuciti con raffinata abilità manuale. Lo dimostrano sufficientemente gli scuri mantelli a ruota destinati agli uomini e gli abiti tradizionali femminili confezionati con tessuti fatti in casa e che ancora oggi sono indossati con orgoglio dalle donne di Scanno di tutte le età (Cfr., Giorgio MorelliIl costume delle donne di Scanno, note storiche, in Attraverso l’Abruzzo, Pescara, A. VIII, N° 1.2, 1960).

Vito Giovannelli

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