Esplorando…Frattura: Il finale (ultima parte)

Le piccole comunità come Frattura si aggrappano alla propria identità riappropriandosene e custodendola gelosamente, nel timore che anche la più innocua innovazione possa inquinarla e confliggere con una costumanza consolidata nel tempo. Questo possibile elemento “inquinante”, temuto, si manifestò allorquando non fu consentito per alcuni anni lo sparo, in occasione dello svolgimento della processione delle feste religiose, in particolare della processione del Santo Patrono.

La reazione di dissenso della popolazione si avverti, sia pure in modi civili e con rassegnazione, come in tantissimi altri comuni e città d’Italia. Crollava una secolare modalità di affermazione della propria devozione al Santo e l’appartenenza ad una religiosità trasmessa da generazioni a generazioni. Ma oltre al primario aspetto religioso, tale limitazione andava ad incidere su un aspetto, certamente importante relativo al senso della festività per la popolazione in rapporto anche ai paesi vicini. Le feste religiose di Frattura erano, e sono ancora oggi, ben note per la loro meticolosa organizzazione sul piano religioso e su quello civile. Sono l’affermazione dell’identità della piccola comunità rispetto ai paesi viciniori e soprattutto verso il Comune di appartenenza. Quale migliore simbolo della forza e della grandezza di uno sparo che tra l’altro era sempre atteso e seguito anche da quelli dei paesi di Scanno e Villalago che non si erano recati direttamente a Frattura per partecipare alla festa? Lo sparo roboante come espressione di una identità unica ed intoccabile per il popolo di Frattura.

E non sostenuta solo dalle vecchie generazioni, ma trasmessa ai giovani che hanno ereditato con orgoglio l’organizzazione della festa da svolgere con il rispetto della ritualità secolare. Ed è veramente commovente la partecipazione e la compostezza nello svolgimento di tutta la ritualità connessa. Questa affermazione di una propria identità trasmessa da generazione a generazione è stata estesa a tanti altri aspetti della vita dell’intera popolazione.

L’orgoglio di esserne partecipi e anche se si vive in altri posti e continenti da anni e per molti sin dalla più tenera età. Una forte identità che si rafforza anche con il ritorno in paese sempre in occasione di tale festività, anzi maggiore senso di appartenenza manifestano quei fratturesi che pur in terre lontane festeggiano con quasi le stesse modalità il loro Santo. Oggi con i mezzi di comunicazione disponibili si partecipa a tutto il rito tramite collegamenti in diretta.

Ma l’identità di una comunità come quella di Frattura non si disperde, anzi si rafforza, se si riportano alla memoria con l’oralità ed in certi casi con l’affabulazione di un personaggio narrante che conserva e trasmette la memoria di un tempo passato. Ma forse oggi la trasmissione orale difficilmente riesce ad intercettare un’attenzione adeguata per un ascolto partecipato. Da questa riflessione è nata l’idea di affidare il racconto di una comunità in tutte le sue espressioni, alla forma scritta che più e meglio può essere fruita in tempi e modi che la singola persona può modulare. Certamente una modalità che si perde tutte le preziosità di un racconto orale vissuto e partecipato in comunità. Un tentativo che si sostiene e fa sperare nella convinta partecipazione del popolo di Frattura a protezione e sostegno della propria identità. (Carlo Galante)

Dal libro “A raccontar Frattura” di Armando Iafolla e Luciana D’Alessandro

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