Quando  a Collerotondo “Berta filava”

Giovanni, con un terzo articolo, continua a raccontare le singolari e significative imprese legate alla seggiovia di Scanno.

A Carmelo ed Ernesto

Una giornata piovosa e fredda di novembre, inizi anni ottanta, partiamo per Roma con il 128 rally verde, portavamo con noi solo un sacco di iuta con dentro due spezzoni di tubo. Avevamo appuntamento alle ore 10,00 con il responsabile nazionale degli impianti a fune di Italia. Non ricordo, sinceramente, come Carmelo fosse riuscito ad avere questo appuntamento in poco tempo. Eravamo vestiti con indumenti pesanti, Carmelo con il solito berretto e la solita giacca.

Alcuni giorni prima era arrivata una raccomandata dalla Motorizzazione, con spese a carico del destinatario, che ci fissava l’appuntamento per controllare con ultrasuoni tutte le sedie in dotazione alla seggiovia. Alla data stabilita furono fatti i controlli e ci dissero di non rimontare le sedie e di aspettare la loro comunicazione ufficiale.

Con grande sorpresa, ci comunicarono che dovevamo scartare tutte le centocinquanta sedie perché presentavano una diminuzione significativa di spessore dovuta alla ruggine interna. Tragedia, perché come al solito non c’era una lira per comprare un ago, figurati centocinquanta nuove sedie.

Ci riunimmo con urgenza per decidere cosa fare e quale soluzione trovare per superare quest’altra grande tegola che ci era caduta tra capo e collo. Niente, non venivamo a capo di nulla. Stavamo per andarcene, quando Ernesto sottovoce disse “Tagliamo un tubo della sedia”. Ci girammo di scatto e l’abbracciai. Ecco la soluzione. Tagliammo il tubo in due spezzoni, controllai l’interno e chiesi a Carmelo di prendere immediatamente appuntamento con il più alto grado di responsabilità della Motorizzazione. Così fece.

Arrivammo in perfetto orario. Attraversammo la piazza, cosi combinati si giravano tutti, anche i bersaglieri che fecero la breccia di Porta Pia. Con il sacco a iuta penzoloni per il peso, sembravamo due pifferi di montagna che stavano per essere suonati. Entrammo, ci presentammo e fummo immediatamente ricevuti dal responsabile. Con mia grande sorpresa questi salutò Carmelo con cordialità come una vecchia conoscenza. Dopo i preliminari di rito, presi dal sacco i tubi, cento lire dalla tasca e pulii il velo di ruggine che si era formato all’interno. Apparve una superficie lucida perfettamente integra, senza tracce di corrosione. Gli ultrasuoni avevano di fatto individuato una riduzione di spessore, ma questa non era dovuta alla corrosione ma al metodo di costruzione del tubo. Infatti era stato calandrato e saldato longitudinalmente. Il restringimento era fisiologico e quindi le sedie erano in norma. Il controllo era corretto, ma era errata l’analisi sull’origine del “difetto”. Apriti cielo, le urla si sentivano fino al monumento dei bersaglieri. Furono immediatamente convocati tutti i responsabili dei controlli non distruttivi. Cazziatone memorabile davanti a due estranei.

Ci arrivò la comunicazione che le sedie erano in regola, le potemmo rimontare e continuare tutte le operazione per il solito collaudo annuale, che avvenne come sempre in maniera positiva. Grazie all’intuizione di Ernesto ed alle conoscenze di Carmelo, per la prima volta i pifferi di montagna non furono suonati, anzi, le suonarono. Anche questa è acqua passata? Ma è acqua limpida che ha macinato mulino ed ha prodotto tanta farina, fino ad Agosto 1985.  ALTRI TEMPI.

Giovanni Cetrone

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