A Ninnando…

…della serie “Quando a Collerotondo Berta filava” (12)

Caro Peppe, siamo alla fine del racconto di tanti episodi che ci legano insieme a tanti altri nell’amicizia e nell’amore per Collerotondo, a nome di tutti noi voglio ricordare per ultimo un solo nome “Ninnando”.

Appena ci diedero gli sci della propaganda valligiana si poneva il problema dei pantaloni da sci. Apriti cielo, mia madre andò in tilt. Ne parlò con Zietta (Anna Vincenza) che aveva un “atelier” in Viale dei Caduti dove si riunivano per mettere punti e spettegolare, erano mia madre, la sanza Oresta, la commare Mafalda, Lelella, zia Cesidia, Deddela e tante altre del vicinato. Erano tutte acculturate perché leggevano Intimità e GrandHotel. Ma non sapevano niente di sci. Allora chiamarono per un consulto Lucia della Grotta dei Colombi. Pensavano che essendo forestiera poteva saperne più di loro. Niente da fare. Il problema era non solo il modello ma anche la stoffa.. Dopo giorni di ricerche riuscirono a trovare un modello che consisteva in un pantalone a tubo, stretto in caviglia e con sotto un elastico per non farlo uscire dallo scarpone. Per la stoffa scelsero una coperta di flanella perché, secondo loro, la più leggera e sottile. Appena terminata l’opera fui chiamato per la prova generale. Indossai i pantaloni. Potevo a malapena piegare il ginocchio perché erano rigidi e tesi per via dell’elastico. Una tortura.

Diventato giovanotto, era ora di comprare un paio di pantaloni decenti e mi stavo recando da Simeone per comprarne uno di marca per fare il ciaciacco sulle piste. In Piazza incontrai te e Ninnando. Col vostro fare bonario Dove vai?”. “Da Simeone a comprarmi i pantaloni”. “Ti aspettiamo, sbrigati”. Comprai i pantaloni della Trissiport e ripassai in piazza, mi aspettavano. “Facci vedere”? Aprii l’involucro. Risata di scherno. “Tu ti devi mettere questi pantaloni? Non se ne parla proprio”. Alle parole, passaste ai fatti. Mi prendeste per il gravattino e fui costretto a tornare da Simeone a cambiare i pantaloni da voi non graditi.

Caro Peppe, da voci solo sussurrate ed incredule sembra che qualcosa si muove, dopo 7 anni di silenzi. Speriamo bene e che sia l’inizio di una nuova era. Che quello che ho raccontato sia veramente acqua passata e che il futuro sia certo, senza nessuna incognita e trasparente per tutti. Che tutto sia ottimale dal punto di vista logistico, organizzativo, tecnico, economico, finanziario e soprattutto regolamentare. Questa volta non possiamo più sbagliare, sarebbe veramente la fine.

Non abbiamo più alibi. Pe’, mi ricorderò sempre cosa dicevi sui campi da sci “l’orso non può fare il musicante”. Speriamo che questa volta le metodologie scelte siano all’altezza e che sia l’ultimo anno che la ciambella alle sette di sera durante le feste di Natale si presenti come nella foto allegata;

ALTRI TEMPI? ACQUA PASSATA? LA SPERANZA DI UN DOMANI MIGLIORE E’ L’ULTIMA A MORIRE.  

Giovanni Cetrone

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