…niente sarà più come prima
Frattura, appartenente al Regno di Napoli, fu duramente colpita dalla pestilenza nel 1656. Si contarono numerosi morti tra la popolazione e i “fuochi” scesero da 96 a 56. (Ogni fuoco corrispondeva ad un nucleo familiare da 4 a 6 componenti; riportando oggi il calcolo della popolazione da “fuochi” a calcolo numerico di un nucleo familiare pari a 9 unità, la popolazione complessiva sarebbe passata da 384 a 224 componenti).
Altra tragedia colpì Frattura nel 1660 a seguito di incendi che, favoriti da forte vento, si svilupparono in tutto il paese che rimase con solo 5 case. Notevoli danni subì la chiesa dedicata a San Nicola, Santo Protettore, che portò alla distruzione di molti documenti di valore antico che forse oggi avrebbero fornito più notizie del tempo passato e della nostra origine. Un altro devastante terremoto colpì Frattura nel 1706, rasa al suolo con 63 morti. Gli abitanti rimasti senza case vissero per 3anni in grotte e misere baracche.
Ma la grande forza, dignità e volontà del fratturesi (oggi sicuramente si sarebbe parlato di Resilienza) fece sì che ci fu sempre, ad ogni distruzione subita, una ricostruzione, sfida impari, ma sempre vinta e ne è prova la caparbietà di ricostruire il paese sempre nella stessa zona, allontanandosi di poco dal precedente sito distrutto dal terremoto, Dal censimento del 191 l’abitato di Frattura contava 543 abitanti di cui 273 uomini e 270 donne.
Il terremoto del 1915 provocò 162 morti di cui 60 bambini in età compresa da zero a 10 anni. 80 feriti furono trasportati con barelle rudimentali a Scanno e tra questi ne morirono 8 nonostante le cure a cui furono sottoposti. Questi ultimi 8 non furono registrati nello Stato civile di Frattura ma in quello di Scanno, per cui non risultano tra i deceduti; il totale dei decessi fu dunque di 170. A Scanno furono attrezzati due centri di raccolta e tante famiglie, alle quali va il plauso, ospitarono molte persone di Frattura.
Un grande contributo all’accoglienza fu dato dall’allora Albergo Pace. Fondamentale fu il soccorso alla popolazione dato dall’intervento dei volontari dell’Associazione Umanitaria della Croce Gialla di Ancona, che affrontando neve, freddo e disagi di ogni genere, propri del rigido clima invernale dell’Abruzzo, riuscirono a raggiungere Frattura. Eroi di vita, perché di fronte al dramma della distruzione, della morte, della solitudine e del freddo, si spinsero fino al limite delle proprie forze a scandagliare tutta la zona del nucleo abitato nel tentativo immane di trovare spiragli di vita. I morti furono adagiati in fosse comuni, i superstiti si rifugiarono nelle pochissime stalle e case solo parzialmente crollate, pur nella loro precaria stabilità. Le case e le stalle quasi tutte crollarono perché costruite su terreno franoso, ma non sorprende questa “leggerezza” costruttiva di allora, perché in tempi antichi l’aspetto più importante era quello di costruire le abitazioni nella parte alta dei colli per una maggiore difesa da attacchi di conquista.
Anche la chiesa fu completamente distrutta: vi erano 6/7 altari: San Nicola, Sant’Antonio, Maria Santissima del Rosario, Altare Magnifica Università, Altare Sanctorum in Purgatorio, Altare San Francesco di Assisi e di Paola (privato ai Paparelli ricchi). Si recuperarono le statue dei nostri Santi Protettori. Per dare un alloggio alla popolazione furono costruite, in località La Ruccia, baracche in legno, di dimensioni 16 m2. Le famiglie numerose cercarono di ottenere almeno due baracche confinanti, ma ciò fu possibile solo per alcuni richiedenti, determinando da parte degli esclusi tentativi di occupazione abusiva di quelle più grandi già assegnate. Molti ampliarono le dimensioni della baracca ricavando piccoli locali sotterranei. Nella parte posteriore vi erano dei “cucinill” piccoli locali adibiti a uso cucina.
La dura vita nelle baracche durò 20 anni, nacquero molti bambini a significare che la vita vince sulla morte. La descrizione delle disastrose conseguenze del terremoto del 1915 sono riportate esaustivamente in alcuni libri sul nostro paese, tra i quali “Il paese sospeso” a cura di Rossana Martorella e “Il viaggio della memoria” a cura di Ilde Galante e Debora Costantini. Numerose testimonianze si ritrovano presso il Museo di Frattura allestito con cura e passione da Palmerino Caputo che si fa carico di tenere vivo il lungo solco del tracciato della storia del paese. Il giorno del distruttivo terremoto del 1915, 140 uomini si trovavano in Puglia a lavorare presso le grandi masserie dei baroni terrieri, a preparare i campi e liberarli dai topi che li infettavano compromettendo il raccolto.
Dal libro “A raccontar Frattura” di Armando Iafolla e Luciana D’Alessandro