Nonostante il lavoro sia universalmente considerato uno degli elementi imprescindibili per affermare la dignità umana, è ancora uno dei contesti in cui più frequenti sono le discriminazioni e i conflitti.
Ciò è drammaticamente testimoniato anche nel nostro Paese dalle morti sul lavoro, dal lavoro nero, dall’emersione di nuove forme di schiavitù che si pensavano ormai superate con le prime fasi dell’industrializzazione, dai numerosi lavori degradanti gravati dall’assenza dei presidi minimi di sicurezza, dall’imposizione di orari impietosi corrisposti con salari indegni di un Paese civile. Vittime di queste forme d’ingiustizia sociale sono proprio le fasce di popolazione fragili, marginalizzate e giovani che più avrebbero bisogno di dare dignità alla propria vita mediante un lavoro onesto e sicuro. Il degrado dell’attività lavorativa si rinviene anche nella profonda disparità nel tasso di occupazione tra nord e sud della penisola, nelle migrazioni – ancora frequenti – interne al Paese per motivi economici, nella discrepanza tra occupazione maschile e femminile.
La contrattazione collettiva nazionale non è sempre in grado di offrire un’adeguata tutela per lavoratori e gli ammortizzatori sociali non sono sempre in grado di consentire condizioni di vita adeguate. Ciò si riflette anche in uno svantaggio selettivo per l’accesso all’istruzione di chi proviene da contesti familiari con precarietà lavorativa, accentuando un circolo vizioso di povertà. Sebbene la normativa italiana sia certamente adeguata e rigorosa, troppo spesso si registrano tentativi di limitare i diritti del lavoro e dei lavoratori, di ostacolare quello di sciopero, di favorire le delocalizzazioni a scapito della tutela dei diritti e della sicurezza in ambito lavorativo.
La ricorrenza del 1° maggio ci ricorda l’imperativo morale di vigilare affinché non venga mai meno una concezione alta e positiva del lavoro e del suo profondo significato di affermazione personale e di dignità di ogni individuo per lo sviluppo e il benessere della comunità. Per tutti questi motivi si intende ribadire come la centralità del lavoro – in armonia con il dettato costituzionale – debba essere costantemente riaffermata come mezzo imprescindibile della dignità umana e, di conseguenza, come le politiche economiche debbano conformarsi a esso, e non viceversa in uno scenario di legalità e diritto.