Un anno di paure, cambiamenti e speranze
Ce lo ricorderemo per sempre. L’anno 2020 va inteso come uno spartiacque tra il prima e il dopo, tra il vecchio e il nuovo, tra la paura e la speranza. Ma deve essere anche la linea di demarcazione tra gli errori del passato e i propositi per il futuro.
Se non faremo nostro questo periodo di sofferenza per essere migliori, allora tutti gli sforzi, tutte le vite perse, tutta la libertà che c’è stata negata, tutto il dolore che abbiamo provato, non saranno valsi a nulla. Per nessuno è stato facile. Non solo le nostre vite sono state condizionate da questa infinita emergenza, ma anche la nostra quotidianità, le nostre giornate.
Abbiamo imparato a conoscere e a riconoscere questo nemico invisibile ma ingombrante, e abbiamo imparato a conoscere meglio anche il mondo della sanità, gli operatori sanitari, le strutture per anziani, le forze dell’ordine, le forze politiche, le associazioni, le istituzioni. Tutte realtà, queste, che hanno dato il meglio di sé, e a volte anche il peggio, ma abbiamo imparato a conoscere meglio il mondo, il nostro mondo.
Nei 15 mesi che ci siamo lasciati alle spalle, segnati dalla pandemia, abbiamo tenuto a mente ogni fatto ed episodio, anche il più doloroso. Come quando si sono fermate tutte le attività didattiche nelle scuole e nelle università.
Il 2020 lo ricorderemo inoltre per i grandi controlli non solo sulle strade, ma anche nelle piazze deserte. Non sono mancate le polemiche sull’emergenza economica e sulla corruzione nella sanità.
Nel mondo del lavoro in Abruzzo il trend è stato particolarmente negativo. Se da una parte le grandi aziende hanno tenuto e si è cercato di fronteggiare la crisi covid con gli ammortizzatori sociali, dall’altra tutto il tessuto lavorativo fatto di piccole e grandi aziende che lavorano nel settore del turismo, dell’agricoltura e della ristorazione è crollato vertiginosamente.
Il settore della cultura e dello spettacolo hanno sofferto in modo esponenziale. Non ci sono stati i grandi concerti e le grandi rassegne cui eravamo abituati. Gli eventi estivi sono stati centellinati, solo appuntamenti sporadici, facili da gestire nel rispetto delle normative anti-contagio con il divieto di assembramento.
La buona notizia è che il lockdown primaverile, di un anno fa, conseguente all’avvento della pandemia, ha contributo a ripulire l’aria e le falde acquifere. Ciò ha fatto capire, una volta di più, alle amministrazioni comunali l’importanza di puntare sul turismo ecosostenibile. Un turismo cosiddetto “green” valorizzato dai nostri laghi, le nostre montagne, le spiagge e i tre parchi nazionali, le piste ciclabili e le zone a traffico limitato. Non a caso Forbes ha dichiarato l’Abruzzo tra le regioni più verdi d’Europa. Molti Comuni si sono contraddistinti per una gestione virtuosa della raccolta differenziata. Ciò è fondamentale per il rispetto dell’ambiente.
È stato un anno di prove. Abbiamo conosciuto la nostra vulnerabilità. Siamo stati messi di fronte a una scelta: riconoscere questa vulnerabilità oppure ignorarla. Il virus ci ha guardato in faccia e poi subito dopo non ha guardato in faccia a nessuno. Tutti siamo diventati vulnerabili, tutti uguali, buoni e cattivi, belli e brutti, vecchi e giovani.
A fine anno, 1.200 sono state le vittime nella nostra Regione, martoriata dal virus, lo 0.09% dell’intera popolazione. Un numero che non dimenticheremo più e che resteranno nel cuore di chi le ha conosciute e perdute. E 35.000 sono invece gli abruzzesi che hanno combattuto con il virus, il 2.6% della popolazione totale. Di questi, 33.800 ce l’hanno fatta, sono riusciti a battere il coronavirus.
Ognuno ha preso coscienza della propria fragilità ed essere fragili non è debolezza, è invece un modo per comprendere veramente che abbiamo bisogno degli altri, che da soli non siamo niente.