Ho fatto un giro in paese questa mattina presto nel giorno della Befana, che tutte le Feste si porta via, con il virus che impazza e lo rende malinconico. L’ho immaginato in uno stato di abbandono, disabitato e in rovina con le stradine dissestate e piene di erbacce, con i portoni divelti e le chiese chiuse. Ma l’ho anche pensato come un gioiello ben custodito insieme al suo prezioso Costume. Non è necessario, credo, riaffermare quanto siano meravigliosi e originali; un gioiello nel gioiello tanto da essere una cosa sola. L’ho immaginato, come nella bellissima vignetta di Stefano Di Vitto nella prima pagina del nostro giornale, senza più le sue tante donne in costume girare per le strade del borgo, ora solo un ricordo. Quarantacinque anni fa, quando scrissi una commedia tragicomica in dialetto, messa in scena alla Codacchiola, dal finale tragico per la morte della mamma, ipotizzai che una delle figlie avrebbe continuato a indossare il costume a significare che la tradizione avrebbe comunque avuto la meglio e sarebbe rimasta in vita, mi sbagliavo.
Il costume appartiene alla storia di Scanno: vissuto dalle giovinette, dalle spose, dalle mamme e dalle nonne, ultime rimaste. Cosa sarà Scanno senza di loro e senza il suo gioiello più prezioso? Il solo pensiero mi crea tristezza e smarrimento.
Non so come dire: il mondo va avanti, la tecnologia si rinnova giorno dopo giorno, la pandemia poi sconvolge tutto e si passa ad altri modelli di vita. E allora, mi chiedo: per quale ragione dovremmo sentirci in colpa perché stiamo perdendo ciò che abbiamo di più caro? Non credo che avremmo potuto fare altrimenti, penso invece che sia giusto così, è un fatto naturale e di cultura: il Costume è nato tantissimi anni fa, ha avuto diversi cambiamenti, si è modificato e ora è arrivato quasi alla fine. Quel costume, ben intesi, di quelle donne magnifiche che l’hanno reso celebre in tutto il mondo. Che fare, dunque, adesso, oltre che ammiralo su foto famose e in filmati d’epoca?
Mi fido dei giovani, ne sono sicuro, saranno loro a trovare il modo giusto per conservarlo e ripresentarlo ogni volta che serve per il bene di Scanno. Magari in pompa magna e come si deve: durante eventi culturali, occasioni eccezionali, feste e matrimoni, ricorrenze particolari, mostre e celebrazioni come simbolo distintivo di una comunità che deve molto alle sue donne di ogni età. E così sarà anche per Scanno con il suo centro storico, i camini tornati a fumare, per il suo lago a forma di cuore e con tutte le campane a distesa come nei giorni di Festa.
Pelino Quaglione
Testimonianze di un tempo
Eloquente e precisa la descrizione della scrittrice inglese Anne Macdonnel.
“Scanno è un paese di donne che hanno ampiamente meritato la fama di essere belle. La loro riservatezza ha qualcosa di misterioso che si addice all’abbigliamento scuro e a quelle strade buie e strette. Ella è una montanara orgogliosa, indipendente ed autosufficiente, una grande conservatrice della vita tradizionale. Si potrà non apprezzare tutte le abitudini del suo paese, ma lei con molta calma, per porre fine all’argomento, ti risponderà: così si fa a Scanno. La sua principale caratteristica sta nel portamento lungo le strade di montagna, quando trasporta sul capo le fascine, o lungo le vie acciottolate con le conche d’acqua sulla testa, essa cammina eretta con le mani sui fianchi o nascoste sotto il grembiule, con i piedi rivolti verso l’interno, in modo sciolto e spedito e con un movimento ondeggiante. La forza che ha è impressionante. Qui è la donna che cucina, che tesse, che sferruzza, che colora le stoffe e fa tutto questo come una cosa naturale. In estate raccoglie la legna da ardere per il lungo inverno, lavora nei campi, custodisce le greggi e, se occorre, diventa muratore. L’autosufficienza di cui Scanno gode si deve quasi interamente alle svariate capacità delle donne che nelle case cardano, colorano, filano tessono la lana per farne abiti, coperte, tappeti, copriletto, calze nastri. A questo punto qualcuno potrebbe pensare che la loro è una vita da schiave, ma le donne di Scanno possono sembrare tutto meno che schiave. Hanno piuttosto un’aria regale e non ho mai visto tante regine tutte insieme, come in questo posto. Esse sono i pilastri del paese e sono pienamente consapevoli del loro valore e della loro importanza nella famiglia”.