Frattura, aggrappata a uno dei panorami più suggestivi d’Abruzzo, ricalca uno dei momenti più drammatici della regione Abruzzo. È posto a metà tra due mondi: da un lato il paesaggio lunare del Monte Genzana, dall’altra i boschi lussureggianti della Valle del Sagittario, con la vista unica sul lago di Scanno.
Frattura Vecchia, si trova a 1307 metri sopra il livello del mare, a qualche chilometro dal centro abitato di Scanno: il borgo fu fondato dai conti Di Sangro intorno al X secolo e il nome deriva dalla frana, ancora oggi visibile, che in epoca preistorica sbarrò il sottostante fiume formando così il lago di Scanno. Le telecamere Rai con Sem Cipriani si sono spinte fin qui insieme alloscrittore Peppe Millanta per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”.
A differenza dei paesi vicini, che riportarono solo alcuni danni, Frattura fu completamente spazzata via dal terremoto del 1915, circostanza strana vista la lontananza dall’epicentro.
“La colpa fu proprio dell’antica frana su cui Frattura fu costruita: il materiale incoerente che viene smosso da una frana amplifica l’onda sismica, causando maggiori danni rispetto a edifici posti su un terreno roccioso – spiega Peppe Millanta. – Fu una vera tragedia. Le vittime furono 120, quasi l’intera popolazione presente. Si trattava per lo più di donne e bambini, perché gli uomini transumavano in Puglia o erano emigrati negli Stati Uniti”. “Oggi l’unico abitante qui sembra essere il silenzio, e lo stupore nel vedere il paese restato immobile, come se fosse incastrato nell’ultimo frame della tragedia. Ma dove la storia di Frattura Vecchia finisce, inizia quella di Frattura Nuova” – continua Millanta.
Dopo un periodo in cui gli abitanti furono spostati in un campo di casette prefabbricate, tra il 1932 e il 1936 fu infatti edificato il borgo nuovo. E a farlo fu Mussolini in persona: “Siamo in pieno regime fascista, e lo si nota dagli stilemi urbanistici tipici: gli edifici sono tutti perfettamente allineati e con linee pulite e semplici, mentre gli edifici pubblici sono posti al centro, come la chiesa e la scuola”.
Nel 1917 infatti, durante la Grande Guerra, Mussolini si trovava sul Carso quando durante un’esercitazione fu ferito da una pioggia di schegge. E pare che proprio in quel frangente fu salvato da un abitante di Frattura, all’epoca appena distrutta dal terremoto, che gli raccontò la sua sciagura. Dopo 20 anni il Duce saldò il suo debito costruendo tre caseggiati, marchiati con le prime tre lettere dell’alfabeto.
Oggi Frattura ospita il Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari, un vero e proprio museo etnografico dove viene raccontata la storia di Frattura Vecchia, e la costruzione del nuovo borgo.
Alessandra Renzetti