La sorpresa (scherzi da chierichetti)

In sacrestia non c’era più posto nemmeno per stare in piedi. I cassetti dove mettere i camici erano tutti pieni. Una quarantina di bambini si erano resi disponibili a servir messa e puntualmente, prima di ogni funzione, si litigavano i vari oggetti da utilizzare: da “ju giangiere, all’ampulline e alla navecella, ecc.” Agli ordini di Pasquale, quello più alto, si organizzavano i turni per il mese mariano: un turno di mattina per la messa delle sette e uno per i vespri serali. In quel periodo, fine anni ’50, si diceva messa in latino e noi mandavamo tutto a memoria senza comprenderne a pieno il significato. Un po’ assonnati e con qualche “scazzillo” agli occhi in tutta fretta si cercava di non mancare mai la mattina, in quanto ogni presenza era utile per la gita finale. Certe corse! E si! Il premio era una bella gita. Ricordo infatti che sono stato per ben tre volte a Montecassino e a Gaeta alla Montagna Spaccata. Durante il mese di maggio quindi l’impegno per noi chierichetti era esclusivamente quello di essere sempre presenti, anche se qualcuno furbescamente arrivava spesso a messa finita. Pasquale, sempre quello alto, aveva il compito di portare i conti e non sempre si faceva intimidire dando origine a inutili discussioni che spesso finivano in risate, accompagnate dai soliti immancabili spintoni. La Madonnina del Lago da un paio di giorni era stata sistemata in bella mostra al centro dell’altare maggiore.

Una sera, mentre Giovanni il sacrestano era ancora intento ad aggiustare i candelabri laterali, il Parroco, in modo perentorio come era suo solito, incaricò due di noi di andare a comprare un paio di vassoi di pastarelle. La cosa ci colse di sorpresa, probabilmente dovevano arrivare degli ospiti o addirittura il Vescovo. Stranamente, inoltre, la sacrestia era piena di ragazzi forse perché erano le prime sere. In effetti, verso la fine del mese, le presenze calavano in modo vistoso poiché le giornate si allungavano e c’era più tempo per giocare all’aperto. Ma in quel momento erano in gioco oltre cinquanta pasticcini e tutti aspettavano trepidanti in uno strano “religioso” silenzio, come mai si era visto prima, nemmeno a un funerale. Era l’ora della merenda e abituati solo a pane bagnato con sopra un po’ di zucchero o a pane e strutto, l’occasione, insperata, fu considerata molto invitante, una di quelle da non perdere assolutamente. Senza nasconderlo, la “vavarella” aumentava a ogni minuto che passava e, mentre il nostro caro Parroco se la rideva dietro una fitta coltre di fumo di sigaretta, l’attesa ormai era diventata insostenibile tant’è che Vincenzo non faceva altro che aprire e chiudere la porta.

Dopo circa una mezzoretta finalmente l’ambito bottino fece il suo ingresso nella sacrestia insieme ai nostri compagni che avevano assunto però delle strane espressioni non molto convincenti. Perché tutto questo tempo? A cosa era dovuto il ritardo? Alle risposte non veritiere nessuno fece caso in quanto noi tutti eravamo concentrati su quei due vassoi appena aperti e svuotati in un batter baleno, nonostante che il sapore non fosse dei migliori. Fatto sta che dalle nostre bocche, nello stupore generale, cominciarono ad uscire una miriade di bolle di sapone che riempirono tutta la stanza. Qualcuno d’istinto cercò anche di prenderle con le mani per farle scoppiare. Fu di certo una di quelle scene esaltanti che non si dimenticano, poiché così piena di bolle la sacrestia non l’avevamo vista mai; molte di queste riuscirono a sfiorare addirittura il soffitto, mentre altre s’infransero senza volerlo sull’impressionante quadro raffigurante il martirio di San Sebastiano. La confusione aumentava parimenti al numero di bolle che uscivano dalle nostre bocche. E più ci si agitava,  più bolle venivano fuori. Come uscirne da questo inaspettato imbarazzo? Che fine avevano fatto i due compagni che erano andati a prendere i dolci? Erano stati loro a mischiare lo zucchero a velo con il detersivo? La confessione di entrambi non tardò a venire come anche qualche forte mal di pancia. Inoltre, loro stessi confermarono che non avrebbero mai immaginato di creare tutto quel trambusto e, se vogliamo, anche così tanto divertimento.

La notizia fece subito il giro del paese e dintorni. Non vi nascondo che alla festa della nostra Prima Comunione nel mese di giugno del 1964, ognuno di noi, prima di gustarsi una pastarella, ci ha pensato e ripensato non una sola volta, ma due ed anche tre.

Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959 – 1979) di Pelino Quaglione

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