Diamo il via oggi a una nuova rubrica, cui abbiamo dato il titolo: “La posta della Foce”, ovvero, di volta in volta, la Redazione selezionerà una delle tante e-mail arrivate al nostro indirizzo di posta: redazione@lafocediscanno.com, per poi lavorarla e riproporla sul nostro sito, con l’intendo di rendere e arricchire ancora di più il nostro sistema informativo e partecipativo. Appuntamento dunque con “La posta della Foce”.
Prendiamo spunto dalla segnalazione del socio Silverio, che ringraziamo, per analizzare il fenomeno tatuaggi: i pericoli, anche insospettabili!
Buongiorno, inoltro un pensiero da parte di mio padre (Socio) Silverio Di Rocco per eventuale pubblicazione sul mensile La Foce. Saluti.Roberta Di Rocco.
“Ho visto il primo tatuaggio nel mese di dicembre 1966 a Capraia (Arcipelago Toscano).Ora noto che le persone di tutte le età fanno mostra di tatuaggi su ogni parte del corpo.Io sostengo che sia pericoloso per la salute. Desidero rivolgere un appello al personale docente perché informi gli alunni della pericolosità di questo fenomeno. Sono certo che i giovanissimi sapranno ascoltare questa raccomandazione”. Silverio Di Rocco
Non solo infezioni, c’è un rischio anche per le sostanze chimiche utilizzate.
Chi al giorno d’oggi non ha un tatuaggio? Che siano sempre più diffusi non è solo un’impressione: sette milioni di italiani ne hanno almeno uno, rendendo il nostro Paese quello con più tatuati d’Europa.
Un fenomeno in crescita che ha destato l’attenzione dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha fotografato un quadro generale per capire chi è più propenso a tatuarsi (le donne), qual è l’età media del primo tatuaggio (25 anni, ma non mancano i minori che in teoria avrebbero bisogno del consenso dei genitori), dove ci si rivolge (quasi il 14% del campione intervistato non si è recato presso un centro autorizzato: male!). Quello che è apparso chiaro e anche preoccupante è che meno della metà degli amanti dei tatuaggi sono adeguatamente informati su possibili rischi e controindicazioni.
Il primo consiglio degli esperti è di scegliere con attenzione il luogo e la persona che ci faranno il tatuaggio. No all’improvvisazione, verificate sempre che il tatuatore sia un professionista con relativo attestato, che il locale sia in possesso delle condizioni igienico-sanitarie richieste e considerato idoneo dalla ASL, che l’attrezzatura utilizzata sia a norma di legge: gli aghi devono essere sterili o monouso, per evitare infezioni o peggio trasmissione di malattie anche gravi. Tutte queste accortezze sono fondamentali per ridurre il rischio di spiacevoli conseguenze, ma purtroppo non sufficienti per poter star tranquilli, perché c’è un altro pericolo nascosto dietro l’angolo, molto più subdolo.
Se l’attenzione per le norme igieniche è generalmente alta, lo è decisamente quella verso le sostanze chimiche di cui è composto l’inchiostro per tatuaggi, che vengono iniettate sotto la pelle e pare che non rimangono lì inerti: uno studio pubblicato su “Scientific Reports” ha dimostrato che alcuni elementi dei pigmenti di colore si staccano e migrano nell’organismo, arrivando fino ai linfonodi. Con quali effetti a lungo termine, è difficile dirlo; certo il fatto non va preso alla leggera, considerando che questi piccoli organi del sistema linfatico sono, tra le altre cose, una struttura portante del nostro sistema immunitario.
La cosa ancora più grave è che a viaggiare nel corpo non sono esattamente sostanze innocue. Forse avrete sentito di un recente allarme su alcuni inchiostri pericolosi, per la precisione 9 e tutti prodotti negli Stati Uniti, che lo scorso marzo sono stati ritirati dal commercio su ordine del Ministero della Salute perché cancerogeni e non conformi alla direttiva europea del 2008. Il problema è che, almeno per ora, in Europa non c’è una vera e propria legislazione comune sugli inchiostri per tatuaggi, ma solo dei “suggerimenti” sulla sicurezza.
Ma quali sono i principali rischi per la salute?
Quelli più evidenti sono le reazioni allergiche. Nel 6% dei casi si hanno danni persistenti alla pelle, nel 30% i problemi si risolvono nell’arco di alcuni mesi; sono però dati sottostimati, perché molte persone li considerano un normale decorso e raramente si rivolgono al medico. Si stanno effettuando studi anche sui possibili effetti cancerogeni, anche se è più difficile dimostrare una relazione per via del lungo periodo e delle tante variabili in gioco.
Speriamo quindi che in Europa non aspettino altro tempo a prendere in considerazione gli allarmi degli esperti: sostanze tossiche che migrano nel corpo e arrivano ai linfonodi.