Ore 7,oo, 1967: l’impresa più ardua era quella di non perdere la corriera per Sulmona. Alla stessa ora in piazza ne partivano ben tre a distanza di pochi minuti e tutte piene di studenti costretti anche a viaggiare in piedi. Soli 32 Km da percorrere che volete che siano!
E fu così che cominciavano le nostre giornate di studio, parecchio assonnati, sempre di corsa con un pacco di libri tenuti da una sola cinta elastica colorata alla moda del tempo. Tutto il tragitto era una curva continua e avendolo dopo un po’ memorizzato per bene, ci piegavamo a destra o a sinistra già prima che l’autista sterzasse, a volte anche troppo finendo addosso a qualcuno. Stessa storia per la classica caccia alla merenda ai danni di qualche compagno; senza alcun dubbio, era il passatempo più in voga del momento. In proposito venivano studiate delle precise strategie affinché la vittima designata non dubitasse affatto di essere stata presa di mira. Per questo spesso era proprio l’amico del cuore a fregarti distraendoti con il ricorrente invito a guardare fuori dal finestrino. Arraffata la “stozza”, in un attimo già era finita nelle grinfie di coloro che di solito se ne stavano comodamente stravaccati e sorridenti nell’ultimo sedile. Ogni operazione di successo veniva salutata con grida di giubilo, poi ai rimbrotti del fattorino, seguiva uno strano silenzio che poteva far pensare ad una certa forma di rammarico…macché erano tutti con la bocca piena. Le più tartassate erano ovviamente le ragazze e gli ultimi arrivati che di certo sapevano di prestare attenzione ma, attenzione che vuoi, non c’era nulla da fare. Arrivati a piazza della Tomba, dove parcheggiavano le corriere, ognuno si dirigeva verso il proprio istituto con una certa fretta e anche con tanta emozione, d’altronde erano i nostri primi giorni alle superiori. Altri ragazzi più grandi ci accolsero con gentilezza, si fa per dire, in piazza XX Settembre nei pressi del liceo chiedendoci di fargli vedere i quaderni e i nostri diari nuovi Jacovitti, quelli con i “salami e i serpentelli”, ci dissero che erano di loro gradimento, se li presero e se ne andarono indisturbati. Ci rimanemmo di stucco; era il prezzo da pagare come matricole, totalmente inesperti, ignari di tutto.
In seguito i nostri punti di riferimento furono il Centro Culturale in via del Corso e la casa dello studente alla villa Comunale. In quel periodo le scuole erano in pieno fermento, i scioperi si sprecavano, in pratica a lezione non ci si andava mai. Erano giorni in cui la protesta studentesca stava per avere la meglio su un sistema ormai vecchio ed obsoleto. Il “movimento”, partito dalle principali università, stava espandendosi in tutta la penisola, si stavano aprendo concretamente nuove strade per una scuola più moderna e libera. Avevamo, almeno noi tredicenni, capito ben poco di dove si volesse arrivare, seguivamo la massa con una certa preoccupazione nei riguardi dei nostri genitori. Nel frattempo erano nate molte altre amicizie principalmente con i ragazzi di Sulmona, verso i quali un po’ a fatica cercavamo di esprimere le nostre opinioni ancorate ancora al modo di pensare paesano. Non solo ci si frequentava per la scuola ma anche per le partite a pallone e a pallavolo.
Per fortuna sull’onda del cambiamento eravamo tutti sulla stessa barca, dopotutto anche per loro non era facile stare dietro ai più grandi, alle nuove ideologie, alle varie manifestazioni e agli scontri da menarsi sul serio tra gli stessi studenti di estrema destra e sinistra. Credevamo, pur presi da una certa ansia, di fare almeno all’inizio un viaggio tranquillo, invece…E chissà quanti altri ne avremmo fatti in seguito con il freddo e con la neve fino a primavera quando, a detta dei più, ci saremmo messi a studiare veramente per riparare, poiché: “È a maggio che si svegliano gli asini” e spesso purtroppo senza riuscirci.
Ore 14,30 prima corriera in partenza per il ritorno a Scanno, strapiena, altri 32 Km da fare, sempre assonnati e con tanta fame.
Foto: Liceo Ovidio, IV Ginnasio, anno scolastico 1967/68.
Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959 – 1979) di Pelino Quaglione