“Natale di sangue” di Marcello Giovannelli, questa sera a Frattura di Scanno: un avvincente racconto da non perdere già pubblicato sulla Foce (novembre e dicembre 2021)
A quel tempo, siamo alla fine dell’Ottocento, il paese di Frattura, così chiamato perché sorto ai piedi di una frana, presumibilmente risalente al III sec. a.C., era un florido borgo di campagna caratterizzato dai tipici aspetti del tempo e abitato da circa quattrocento anime. Una società strutturata sul possedimento di beni vedeva da una parte la povera gente e dall’altra alcune famiglie più abbienti, che della povera gente sfruttavano il lavoro e la consolidata e rassegnata coscienza della propria condizione. Ma secondo quanto appartiene agli uomini, nessuno può sottrarsi al proprio destino, alla lotta per la sopravvivenza, e ben che meno alle proprie passioni, alle proprie debolezze e a tutte quelle tentazioni che a volte passano nella volontà di determinare il destino altrui; nessuno, sia esso signore o contadino.
I casati dei Ricci e dei Paparelli fin dal XVI secolo avevano preso a rivaleggiare, ma nella Frattura di fine Ottocento furono proprio due rami della famiglia Ricci, dopo la dipartita del casato rivale nei territori di Bugnara, a competere per imporsi l’uno sull’altro in quanto al possedimento delle terre, dei beni e di conseguenza per il controllo della popolazione tutta. Tra di essi, com’è lecito immaginare, le tensioni erano notevoli e ricorrenti nonostante, secondo costumanza, diffusi erano anche i rapporti che per interessi economici passavano attraverso politiche matrimoniali. L’inasprirsi di tali relazioni inevitabilmente condusse a una vera e propria faida familiare. Il casato si scisse in due fazioni che vedevano da una parte Paolo Emilio Ricci, il fratello gemello Giovanni e Nicola Ricci e dall’altra Francesco Ricci, Antonio Ricci, Liborio e Giuditta Ricci.
Nicola Ricci a parere di tutti non è che fosse la migliore delle persone, e nemmeno la peggiore, sia ben chiaro. Di certo il suo temperamento focoso era noto ai compaesani, tanto da incutere un certo timore e tanto da fargli meritare il soprannome di Colamorra, con esplicito riferimento, e non solo per una questione di omonimia, al brigante pugliese Nicola Morra che per temperamento focoso e arditezza di gesti non fu secondo a nessuno. Nicola la sua fama seppe pure guadagnarsela, così come il rispetto della sua gente: si dice fosse solito recarsi ai consigli comunali, quale rappresentante della frazione di Frattura presso il Comune di Scanno, con la sua inseparabile doppietta, che di tanto in tanto per meglio esser di sostegno alle richieste avanzate faceva spuntare da sotto la sua cappa…