L’Italia rischia nel giro di qualche anno di restare senza nidi e scuole dell’infanzia. Nel Bel Paese le strutture statali che offrono servizi alla fascia 0-6 anni sono poche e a riempire il “vuoto” lasciato da anni dallo Stato sono le paritarie: secondo i dati della Federazione italiana scuole materne, la scuola dell’infanzia paritaria copre il 35%. Senza le paritarie, 400mila bambini non avrebbero questo servizio. A questo numero vanno aggiunti altri 100mila piccoli dei nidi per un totale di circa 9mila enti paritari (di diverso genere, parrocchiali, laici etc) sul territorio nazionale. Ma ora è allarme.
Il calo demografico ha lasciato il segno anche in questo settore visto che nel corso degli ultimi dieci anni si sono registrate 1.445 chiusure (1.306 infanzia e 139 primaria) ma un secondo problema è l’esodo dei docenti che passano dalla paritarie alle statali per migliorare lo stipendio. In Lombardia le paritarie coprono il 50% del servizio e in Veneto il 60% con rette che si aggirano attorno ai duecento euro medi, pasti compresi: il doppio di quello che una famiglia spende in un’infanzia statale.
Nel Centro Sud sono le scuole d’ispirazione religiosa che vanno avanti con gli stipendi delle suore. Il pericolo è quello dello spopolamento di alcuni paesi: a oggi dove c’è una scuola dell’infanzia o un nido ci sono anche famiglie che scelgono di andarvi a vivere. Se non si riesce più a mandare avanti le strutture dove andranno questi bambini? Le ripercussioni non sono solo di ordine economico per le insegnanti ma anche per quelle madri che non potranno più andare a lavorare per stare a casa con i figli.